Dalle parti di Trento c’è un borgo incantevole, adagiato su un pendio, ai piedi del gruppo montuoso della Paganella. Nei suoi dintorni sono stati scoperti numerosi reperti di epoca romana, quali tombe, utensili e monete. È un paesino di poco più di 1500 abitanti, ubicato nella Valle dei Laghi: il suo nome è Terlago.Splendide passeggiate immerse nella natura consentono di ammirare superbi paesaggi, nonché di praticare la pesca nei laghi di Terlago, Santo e Lamar. Il nome “Terlago” significherebbe appunto “tra i laghi”, indicando che il paese si trovava, e ancora si trova, circondato da ampi spazi lacustri.
A Terlago c’è anche una splendida chiesetta, dedicata a san Pantaleone, che doveva proteggere le popolazioni delle valli dalle frequenti epidemie di malaria. L’attuale costruzione fu edificata all’inizio del 500, sventrando una precedente cappella, più piccola e più antica: di questa chiesetta non resta praticamente nulla, anche se nel retro della chiesetta restano tracce della cappella originaria.
L’attrazione più nota di Terlago, però, è senza dubbio il castello, che si erge a pochi passi di distanza.
Ricostruito nel 1537, ma assai più antico, l’attuale edificio sorge su di un ventoso e ameno sperone roccioso che si erge alla destra di chi scende dalla SS 45 bis verso Terlago e il lago di Lamar. La chiesa fu edificata nell’area di una precedente chiesa, di cui restano alcune tracce all’esterno dell’abside, lato nord, dove si possono osservare affreschi rovinati e quanto resta di uno stemma araldico assegnato a Dionigio di Castelbarco. L’esterno è semplice, con struttura a pianta rettangolare, e tetto a due spioventi. L’interno, ad aula unica coperta con volta a crociera, conserva un ciclo di pitture murali che rappresentano le storie di san Sebastiano e san Pantaleone, Natività, Crocifissione, Resurrezione e Cristo nel Limbo, opera del vicentino Francesco Verla (1518). (fonte)
L’edificio, fondato nel 1124, fu restaurato e abbellito dopo il saccheggio e l’incendio subito nel 1703, durante la guerra di successione in Spagna. Esso si erge in tutta la sua potenza a dominare tutta la valle dei tre laghi.
Si dice che all’interno del castello, e in special modo nel grande salone in cui sono conservati i ritratti del casato dei conti di Terlago, dimorino gli spiriti dei conti, costretti nelle notti di luna piena a vagare per le sale in cerca di quella quiete che è loro negata. Devono, infatti, espiare le malefatte consumate quand’erano ancora in vita e che sono ben impresse nella memoria della gente di Terlago.
La storia che sto per narrare non ci porta all’interno delle mura del castello, quanto piuttosto in una villa, non più esistente, che sorgeva sulle sponde del Lago Santo, e che apparteneva a un ramo della famiglia dei conti di Terlago.
Narra la leggenda che i conti di Terlago erano ricchissimi, e organizzavano balli e feste, succulenti banchetti, battute di caccia e sontuose cene, in cui il cibo veniva servito su piatti d’oro e durante le quali menestrelli e giullari intrattenevano gli ospiti. I signori di Terlago accumulavano immense ricchezze nei sotterranei della loro villa, e le cose andavano sempre meglio. Fino al giorno in cui alla contessa nacque una bella bambina. Era bianca e rossa come una mela, con i riccioli biondi che le incorniciavano il visetto rotondo, ed era tanto bella e simile a una stella che i genitori decisero di chiamarla Estella.
Ma la bimba tanto era bella quanto era viziata. Storceva il naso nel vedere le feste che i genitori organizzavano a palazzo, non voleva mai prestare un suo giocattolo, era gelosa ed estremamente avara. I genitori e i precettori cercavano di insegnarle le buone maniere, ad essere generosa, ma lei nulla, non voleva proprio saperne, e restava chiusa nella sua avarizia.
Un giorno, la mamma della contessina si ammalò gravemente, e poco dopo morì. Il padre, per il grande dolore, si ammalò a sua volta, e morì di lì a poco, lasciando tutto nelle mani della figlia Estella. “Tutto” voleva dire la villa e soprattutto l’immenso tesoro che i Terlago avevano accumulato negli anni. Estella licenziò i domestici che erano rimasti nella villa e vi ci si rinchiuse, conducendo vita ritiratissima, dimessa e molto povera.
La gente di Terlago, passando davanti alla villa, si meravigliavano nel vederla decadere lentamente, cadere in rovina, e si chiedevano come avesse potuto l’avara Estella dilapidare in così breve tempo il suo immenso patrimonio. I più anziani però riflettevano, e si dicevano che il tesoro dei Terlago era davvero troppo vasto per poter essere speso in così breve tempo, e che sicuramente esso doveva trovarsi nascosto tra le mura della villa, ma chissà dove.
Di lì a poco, anche Estella morì, e la villa, già in decadenza, cadde in completo abbandono. Il giardino si trasformò in un impenetrabile roveto, il tetto iniziò a cedere sotto il peso delle intemperie, le assi dei pavimenti crollavano, le finestre, ormai prive di vetri, lasciavano intravvedere le tende di pizzo che ornavano i bei saloni della dimora.
Una notte, una coppia di innamorati stava passando di fianco ai ruderi della villa, quando il giovane si accorse di un bagliore che proveniva dall’interno della casa. Incuriosito, il ragazzo si avvicinò alla villa, credendo che al suo interno fossero penetrati dei ladri alla ricerca del favoloso tesoro dei Terlago, ma la fidanzata, impaurita, lo trascinò via. Il giorno seguente però il ragazzo si recò nuovamente alla villa con due suoi amici, e si misero in attesa, scrutando le finestre buie. Allo scoccare della mezzanotte, la luce apparve puntuale, e si mise a muoversi all’interno della villa, passando da una stanza all’altra. Finalmente la luce si fermò e uscì sul balcone: non era un lume. Era una figura di donna biancovestita, luminosissima, con una coroncina di fiori intrecciata sul capo e i capelli biondi, lunghissimi e ricci che le scendevano a metà schiena. La figura sembrò fare un cenno ai tre giovani affinché si avvicinassero, ma i tre, spaventati, scapparono in paese a raccontare di aver visto il fantasma della contessa Estella, perché non c’erano dubbi, era lei la misteriosa figura!
Il parroco di Terlago disse che il fantasma che avevano visto non poteva che essere Estella, condannata a rimanere fantasma fino a quando non si fosse disfatta dei beni terreni che con tanta avarizia aveva accumulato da viva. La sua presenza nel mondo dei vivi si spiegava proprio con il fatto che, per poter accedere al Paradiso, avrebbe prima dovuto liberarsi dell’immenso tesoro che si nascondeva nella sua casa.
Il giorno successivo i tre tornarono alla villa, con un bel gruppetto di uomini che, ispirati dalle parole del parroco, volevano mettere le mani su quel favoloso tesoro. Giunti alla villa, attesero che Estella si manifestasse, ma il fantasma non apparve. E non lo fece neppure la notte seguente, e nemmeno quella dopo. Gli uomini persero la speranza, e tornarono in paese, dicendo che non esisteva nessun tesoro.
I tre giovani che per primi avevano affrontato quell’avventura, invece, vollero tentare la sorte un’ultima volta, decisi a invocare il diavolo in persona: sarebbe stato lui a indicare il luogo in cui il tesoro era stato sepolto.
I tre giovani, raccogliendo tutte le loro forze, attraversarono il giardino ormai in completo abbandono, penetrarono nella villa scavalcando cumuli di ruderi, si spinsero fino al grande salone. Qui, uno dei tre, quello che aveva avuto l’idea di invocare il diavolo, sussurrò con un fil di voce: «Potenze del cielo e della terra tenetevi lontane da questo castello. Angeli del Paradiso proteggete queste tre anime sante … e tu, Belzebù dalla berretta rossa, non prendere le nostre ossa!».
A quest’ultima invocazione scoppiò improvviso e furioso un uragano, che scosse il palazzo fin dalle fondamenta, mentre l’intero palazzo rimbombava di una risata cupa e cavernosa. I tre poveri giovanotti si strinsero in un unico abbraccio, tremando dalla testa ai piedi: resistettero però solo alcuni secondi, poi uscirono dalla villa e fuggirono impazziti di terrore, senza accorgersi che un’ombra bianca li inseguiva urlando imprecazioni in una lingua misteriosa. Da quel giorno nessuno osò più sfidare il fantasma della Contessa e il tesoro rimase per sempre nascosto in un luogo segreto del palazzo.
Ancor oggi, il visitatore che si reca al lago Santo resta incantato dalla bellezza dei luoghi. Il lago si porge alla nostra vista con una distesa di ninfee, proseguendo poi in un color verde chiaro che denota chiaramente la natura del fondo sabbioso. Lungo le sue rive si scorgono ancora i ruderi della villa signorile appartenuta ai Conti Terlago. Mura ormai completamente diroccate i cui massi sono stati reimpiegati per vari altri scopi nel secolo XIX, ma il cui fascino resta inalterato. Le poche rovine rimaste sussurrano discrete ma insistenti memorie di antichi fasti e, nelle falde più larghe degli echi, riappare la storia di Estella
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Bella storia! brava