Una notte praticamente insonne mi ha portata a riflettere su uno dei misteri più interessanti di una città che amo profondamente, Venezia.
Sapete già quanto io la adori, quanto l’abbia scandagliata in lungo e in largo alla ricerca di misteri sempre nuovi da proporre, e oggi ne ho uno pronto per i miei amici.
Oggi non parleremo di fantasmi, spiriti, case stregate o quant’altro abbia caratterizzato pensierospensierato negli ultimi tempi, ma parliamo di un evento che nella mente, e nel cuore, dei veneziani è ancora ben fisso.

Crollo campanile san marco veneziaL’ingegnere capo del genio civile, signor Toni, l’ispettore dei vigili Gaspari e il sottocapo Pozzi avevano appena fatto un sopralluogo al campanile dopo esser stati allertati dai cittadini che avevano riferito, appunto, quegli strani rumori provenire dal campanile. Forse non tutti sanno quel che avvenne a Venezia la mattina del 14 luglio 1902.

Erano quasi le dieci del mattino, e piazza san Marco era gremita di persone, come al solito.
Da oltre due giorni si susseguivano scricchiolii e rumori sinistri dal “paron del casa” (trad. padrone di casa), come solitamente e affettuosamente viene chiamato dai veneziani il campanile di San Marco.

Decisero di far sgombrare la piazza, in via cautelativa, perchè era meglio fare delle indagini più approfondite: si sa, Venezia poggia su palafitte, sotto di essa c’è solo sabbia e acqua, è normalissimo in questi casi parlare di problemi di staticità, e il campanile, con la sua mole, potrebbe averne…meglio indagare, non si sa mai.

La piazza era stata appena sgombrata, le ultime persone si attardavano a osservare il campanile, quand’ecco, improvvisamente, il paron de casa collassò su se stesso.

Dopo un primo attimo di comprensibile sgomento, i veneziani si affollarono attorno alle macerie del campanile.

I testimoni furono concordi nell’affermare che il crollo era stato davvero spettacolare, perchè i mattoni sembravano essere stati come risucchiati all’interno della torre,e non lanciati a grande distanza dal punto d’impatto, come invece ci si sarebbe aspettati da un crollo di tali proporzioni.
Le cronache del tempo sono ricche di particolari, su come si sia verificato il crollo, sulle possibili e probabili cause, sulle impressioni della gente… La “pietra del bando” all’angolo della basilica di San Marco, divelta dal suolo da un’enorme blocco di macerie, impedì il crollo della colonna d’angolo e salvò la Basilica da un terribile disastro.
Nella ricostruzione fatta da Leopoldo Pietragnoli, “Cronaca di una fine annunciata”, in Il campanile di San Marco. Il crollo e le ricostruzione, 1992, e tratta quasi interamente dai quotidiani dell’epoca, leggiamo la narrazione degli eventi immediatamente precedenti il crollo del campanile:

Lunedì 7 luglio 1902, il cav. Domenico Rupolo, architetto disegnatore dell’Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti, si trovava sul coperto della Loggetta per dirigere lavori di riparazione della pietra di “sporto”, quando si accorse di una fessura sul campanile che “non gli parve trascurabile”, anzi, gli fece pensare alla “imminenza di un grande pericolo”, e ne fece rapporto ai superiori, ma senza esito (…). Il giorno dopo la fessura vicina all’angolo nord-est apparve a Rupolo e Moresco (suo assistente), “più larga”, e mercoledì allargata “ancora di più” (…). Giovedì la fessura cominciò a propagarsi in verticale sul lato nord del campanile lungo l’asse dei finestrini (…). Sabato, quando la fessura, ormai ben visibile, aveva raggiunto il quinto finestrino, fu nominata una commissione composta dal direttore dell’Ufficio dei Monumenti, ing. arch. Federico Berchet, dal direttore dei lavori della Basilica e del campanile, ing. Pietro Saccardo, e dall’ingegnere capo del Genio civile, Alberto Torri. I tre salirono sul campanile con Rupolo. Berchet riferì che c’erano segni di allarme lungo un’antica fenditura (…). Si decise di adottare una misura provvisoria in attesa di studiare i provvedimenti definitivi, allacciando l’angolo del campanile con funi in acciaio. Domenica la fessura, allargatasi, raggiunse la cella campanaria; dopo un sopralluogo alle 14, la commissione si recò alle 16 dal prefetto marchese Cassis. Fu riferito che le dichiarazioni dei tecnici escludevano il pericolo di caduta totale, ma davano per “probabilissimo” il pericolo di un crollo parziale, seppure “tra alcuni giorni”. La leggera fenditura – fu riferito ancora – “era tale da togliere ogni allarme” e “solo per maggior cautela’”il prefetto proibì l’accesso al campanile e il suono delle campane. Quella sera Rupolo ricevette un telegramma con l’ordine di provvedere il giorno successivo alle “allacciature ortogonali” sull’angolo del campanile (…). Lunedì 14 luglio alle 5.30 Rupolo era già in Piazza. Salì fino in cima al campanile e vide dalle spie che la spaccatura aveva fatto in poche ore “spaventosi progressi”. Corse da Saccardo, e gli gridò: “è tutto inutile!”. Sulla Loggetta alla stessa ora c’era Moresco. “Qua femo la morte dei sorzi”, brontolò (…).
Un suono sinistro, e alle 9.47 “il campanile crollò con un grande boato che fu udito in molte parti della città”. Fortunatamente non vi furono vittime grazie alle provvidenziali precauzioni dei tecnici, sebbene nessuno o quasi avrebbe mai pensato alla rovina totale del campanile. (Fonte: http://www.culturaspettacolovenezia.it/?iddoc=7218&page=2).

Quel che però non tutti sanno è che il crollo del campanile fu accompagnato da tre misteri.

  • Il vecchio campanaro della chiesa, l’ultimo ad aver abbandonato la piazza  poco prima del collasso della torre campanaria, riemerse dalle macerie, sorprendentemente senza nemmeno un graffio, reggendo tra le mani una coppa in vetro di Murano. La coppa, che risultava perfettamente integra, non si era mai vista prima all’interno della chiesa, nè nel Tesoro di san Marco nè nel campanile stesso. Da dove proveniva quella coppa? Dove era rimasta conservata per tutto questo tempo? Si favoleggiò che si trattasse del Sacro Graal, che era stato nascosto all’interno di una pietra del campanile e che il crollo aveva portato alla luce. Quel che è certo è che ora quella coppa è conservata presso il Museo del Vetro della città, e nessuno sa nulla della sua storia fantastica.

  • Un altro oggetto si salvò dal crollo: si tratta della Marangona, la campana più grande di tutto il campanile. Ci vollero dieci anni perchè il campanile venisse riedificato, “com’era e dov’era”, e la Marangona del “paron de casa” tornò a battere le ore dalla sommità del campanile, posizionata nel luogo in cui si trovava dopo il crollo. I suoi rintocchi annunciavano l’inizio e la fine dell’orario di lavoro dei marangoni, cioè dei carpentieri dell’Arsenale, e le sedute del Maggior Consiglio. Le altre campane invece andarono distrutte durante il crollo, ma i pezzi recuperati vennero fusi e le campane rifatte utilizzando i calchi delle vecchie campane.
  • Nel crollo della torre, la statua dell’arcangelo Gabriele che si trovava sulla sommità del campanile venne ritrovata, anch’essa intatta, fra le macerie. La gente gridò nuovamente al miracolo.
  • Da un’attenta osservazione della statua, però, si scoprì qualcosa che sconvolse totalmente i veneziani. La statua, infatti, sembrava essere caduta in piedi proprio sulla soglia del campanile collassato, e appariva coricata quasi in ginocchio, senza nemmeno un graffio. La sua posizione non lasciava spazio a dubbi: sembrava stesse pregando, e indubbiamente pregava davanti alla folla, come a voler ringraziare dello scampato pericolo.

Ma la storia non è finita.  Le macerie del campanile furono attentamente selezionate: con l’ausilio dei pezzi integri si procedette al rifacimento della torre, mentre le macerie che proprio non si potevano riutilizzare furono ricompattate e quindi inabissate sui fondali della bocca di porto di Punta Sabbioni.

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5 pensiero su “Quando il "paron de casa" è troppo stanco per reggersi in piedi”
  1. @Nick: grazie zio! nn li consocevco nemmeno io i tre segreti,e qnd ne sn venuta a conoscenza beh è stata un’emozione anche x me!!

    @Edu: grazie, lieto ti sia piaciuto l’articolo!

  2. Sapevo della caduta del 1902 e della successiva ricostruzione, ignoravo però dei tre particolari.
    Quindi grazie per gli elementi in più che, grazie a te, adesso conosco.

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