Catinaccio, Val di Fassa

Ritorno a casa. Finalmente. Dopo tanto peregrinar, LadyGhost è pronta a riprendere in mano le redini del suo amato blog, ricominciando a scrivere di fantasmi, leggende, spiriti, case stregate, misteri del passato, presente e futuro, visioni, esperienze personali alcune abbastanza particolari e in un caso anche leggermente paurose.

Insomma, con oggi ritorno al mio consueto modus operandi, e lo faccio presentando una leggenda ambientata nelle montagne che ho visto nelle ultime settimane.


Il gruppo montuoso del Catinaccio, nella Val di Fassa, fino a non molto tempo fa nascondeva un ghiacciaio, che però, purtroppo, non esiste più, toccato dalla stessa sorte cui sono destinati i ghiacciai delle nostre belle montagne, che si stanno via via sciogliendo per colpa del riscaldamento globale.

Questo ghiacciaio ha una storia davvero particolare: molti secoli fa, al posto di queste vette, c’erano bellissimi prati e campi, che appartenevano a una donna ricca, ma molto avara.

Il 5 agosto si festeggiava la ricorrenza della Madonna della Neve: secondo quanto narrato da vari autori cristiani, la ricorrenza della Madonna della Neve viene attribuita alla storia di un ricco patrizio che viveva a Roma, che si chiamava Giovanni. Durante la notte del 4 agosto 352 d.C., Giovanni avrebbe visto in sogno la Vergine Maria che gli chiedeva espressamente di costruire una basilica a lei dedicata nel luogo dove il mattino seguente avesse trovato della neve fresca. Giovanni, che non mise mai in dubbio la possibilità che potesse nevicare in pieno agosto, la mattina seguente corse da papa Liberio per raccontargli quanto visto e il pontefice gli confessò di aver avuto la stessa visione. Il prodigio nel frattempo si era effettivamente avverato e per ordine di papa Liberio si fece tracciare la pianta di una grandiosa basilica, esattamente nel punto esatto in cui cadde la neve di agosto. Sempre secondo la storia, la basilica sarebbe stata finanziata dal patrizio stesso e prese il nome di Basilica di Santa Maria della Neve (o Basilica Liberiana dal nome del papa, popolarmente ad Nives). (FONTE: Alfredo Cattabiani, Calendario, Milano, Rusconi libri, 1994).

Catinaccio…nella nebbia

Questa donna avara, dunque, il 5 agosto stava sui suoi campi a controllare che il suo fieno seccasse correttamente, quand’ecco si accorse che da Ovest stavano ammassandosi grossi nuvoloni scuri, gonfi di pioggia. Temendo allora che il suo fieno andasse irrimediabilmente perduto, chiamò a gran voce i suoi servi affinchè accorressero ad aiutarla a portare il fieno nel fienile.
I servi però si rifiutarono di aiutare la padrona, dicendo che mai avrebbero lavorato nel giorno dedicato alla Madonna della Neve. La donna allora, spazientita, chiamò i suoi parenti, avari tanto quanto lei, e assieme a loro portò tutto il fieno al riparo.
Stavano trasportando le ultima fascine quando lì vicino passò la processione guidata dal parroco. La processione trasportava la statua della Madonna della Neve, e quando la statua giunse nei pressi del campo dove l’avara era al lavoro, il parroco si fermò e, vedendo la donna e i suoi parenti al lavoro nei campi, li invitò a unirsi alla processione e lasciare il lavoro, poichè lavorare in quel giorno dedicato alla Madonna era considerato un sacrilegio,e sicuramente la Vergine si sarebbe offesa non poco.
La donna avara però rispose che a lei non importava nulla di festeggiare la Madonna della Neve, e che le importava solo mettere al sicuro il suo fieno.

La processione passò oltre, e in quel momento iniziò a nevicare. Nevicò così tanto che in breve tutti i prati della donna avara furono ricoperti da una coltre spessissima, e sotto la neve e il ghiaccio rimasero imprigionati la donna e i suoi parenti che avevano osato lavorare nel giorno della Madonna della Neve.

Quella coltre durò per molti anni, e sebbene oggi purtroppo non esista più, ancor oggi nelle notti di luna piena si sente a volte il lamento dell’avara e dei suoi parenti che vorrebbero uscire dal luogo in cui sono stati imprigionati e non possono.

Ma queste montagne nascondo altri bellissime leggende, che saranno narrate in prossimi post ^__^

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10 pensiero su “Storia di un ghiacciaio”
  1. Bella leggenda, pur se affatto truculenta. Gli avari, seppelliti dalla neve, oggi, ripeto oggi e ribadisco oggi, più che pietà suscitano invidia. Qui il caldo è sempre più opprimente, l’acqua ci manca, sul bagnasciuga sventola bandiera bianca.
    Fa qualcosa, fantasmina della neve!
    Ciao, ben tornata e alle prossime.

    1. ho mandato la mia flotta di fantasmini a portarvi un po’ di refrigerio, ma se ne son tornati indietro impazziti: troppo caldo pure per loro! Coraggio che tra un po’ piove! :))

  2. adoro le leggende di montagna, essendo montanaro “insaid”. questa del tuo ghiacciaio assomiglia un po’ a quella dei piani dell’avaro, in val brembana, dove ci avrebbe messo lo zampino pure il diavolo. urca.
    bentornata fantasmina 🙂

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