Esiste la Porta per l’Inferno?
Alcuni sostengono che sì, esiste veramente, e sarebbe individuabile analizzando compiutamente alcune terzine della Commedia di Dante. Una cosa che mi sono messa a fare, qualche tempo fa, leggendo e studiando il capolavoro della letteratura italiana, e forse qualcosa ho trovato, anche se è presto per dirlo. In un prossimo post, forse, ne sapremo di più.
Di sicuro, la descrizione di Dante colpì moltissimo lo scultore Auguste Rodin, che nel 1880 iniziò a realizzare la sua mastodontica Porta per l’Inferno, un portale monumentale, rimasto incompiuto, che doveva essere alto più di quattro metri e mezzo, e interamente ricoperto di bassorilievi ispirati all’inferno dantesco, più precisamente agli otto cerchi dell’inferno secondo la descrizione dell’Alighieri.
La porta ornamentale era da collocarsi al Musée des Arts Décoratifs di Parigi, al tempo ancora in progetto. I lavori sull’opera si sarebbero dovuti concludere nel 1885, ma si protrassero per quasi quarant’anni fino alla morte di Rodin, che dunque non riuscì a concludere il lavoro.
Indubbiamente è un’opera interessante, ma…non è questa la porta dell’inferno che stiamo cercando.
Si tratta di un vero e proprio passaggio verso un mondo sconosciuto.
Nel maggio 2010, in Guatemala, la terra si aprì creando una voragine enorme, larga 15 metri e profonda decine di metri (da 60 a 100, a seconda delle valutazioni). Il fenomeno impensierì moltissimo gli autoctoni, che subito sentenziarono che l’Anticrsito sarebbe giunto sulla terra, portando morte e distruzione, passando proprio da quel foro…ma in realtà la sua formazione è dovuta a fenomeni geologici noti, legati alla natura carsica del suolo, al collasso del sistema di drenaggio dell’acqua e, soprattutto, alla costruzione scriteriata di edifici senza tener conto delle più elementari norme urbanistiche.
Una porta dell’inferno c’è anche in California, nella diga di Monticello. Il Glory hole, così è chiamato, viene usato quando il livello della diga su cui si forma raggiunge il punto critico, rendendo necessario lo sversamento dell’acqua dall’invaso. La sua grandezza permette il drenaggio di 14400 metri cubi al secondo.
Altra porta per l’inferno si troverebbe nel Belize, ed è chiamata Great Blue Hole (Grande Voragine Blu). Come per il Guatemala, anche questo foro si è creato a causa di un fenomeno carsico, che però ha interessato il mare, formando questa grande dolina carsica subacquea situata a est delle coste del Belize, nel Mar dei Caraibi. La cavità è quasi perfettamente circolare, larga oltre 300 metri e profonda 123.
Oltre a questi elementi, vi sono molti altri “passaggi” che sono degni di essere annoverati tra le possibili “porte per l’inferno”, ma si tratta, per lo più, di miniere di diamanti scavate appositamente dall’uomo, e dunque di naturale non hanno nulla, o poco nulla.
Ad esempio, consideriamo la miniera di diamanti più famosa (e profonda) al mondo: la Mir Diamond Mine, a Mirny, in Siberia. Questa miniera è uno dei luoghi più suggestivi di tutta la terra. Si tratta di una miniera di diamanti profonda “appena” 525metri, ma larga 1200metri. La miniera, scoperta il 13 giugno 1955 dai geologi sovietici Yuri Khabardin, Ekaterina Elagina e V.Avdeenko durante la grande spedizione Amakinsky, è stata una delle più importante miniere di diamanti russe, e ha operato per quasi 50 anni, fino alla chiusura avvenuta il 30 aprile 2004. Ha prodotto circa 2 milioni di carati all’anno. La sua profondità ha reso necessario il divieto di sorvolo per gli elicotteri: la sua forza d’aspirazione è infatti tanlmente potente da riuscire a risucchiare qualsiasi velivolo al suo interno.
Però non è questa la vera e propria porta dell’inferno.
Quella vera, con fuoco, fiamme e calore immenso, si trova in Turkmenistan…ed è chiamata DARVAZ, che significa, appunto, porta.
Si tratta di un cratere di gas naturale situato nel deserto di Karakum nel Turkmenistan.
Conosciuto come la “Porta dell’inferno”, brucia ininterrottamente da almeno 30 anni, quando nel 1971 un gruppo di geologi russi alla ricerca di pozzi di gas naturale non si imbatterono in una considerevole sacca di gas, rinchiuso dentro una grotta di proprorzioni ciclopiche.
Iniziarono subito le operazioni di trivellazione, per scoprire stalaiiti e stalagmiti impadronirsi del prezioso gas naturale, ma scava oggi e scava domani, la loro attrezzatura precipitò nel foro che si era creato.
Un foro del diametro di oltre 30 metri.
I geologi, a causa della minaccia dei gas nocivi per i villaggi della zona che non sapevano come recuperare le attrezzature il gas, decisero così di dar fuoco al cratere per salvare i villaggi delle vicinanze ma…
finirono per dar fuoco alla più grande riserva di gas naturale mai scoperta prima, che ora brucia ininterrottamente da quel momento.
E non si sa se e quando smetterà di bruciare, poichè nessuno è in grado di calcolare quanto gas sia rimasto nel giacimento, e per questo la Porta dell’Inferno brucia, brucia, brucia…
Secondo i latini, ma in quel caso si trattava di una grotta, l’ entrata dell’ inferno si trovava nell’ antro della Sibilla a Cuma.