Il mio post sulla tomba di Caroline Christine Walter ha portato un mio amico, Damiano, a raccontarmi che qualcosa di simile è avvenuto anche in Italia, più precisamente nella mia amata Venezia, a una donna chiamata Sonia Kaliensky.
Ripropongo dunque la sua segnalazione, ringraziandolo per avermi resa partecipe di questa bellissima curiosità.
Con l’editto napoleonico di Saint Cloud veniva vietata la tumulazione dei cadaveri all’interno delle chiese e nei campi prospicienti, legge che sopravvive ancora ma che alcune volte si è deciso di violare consapevolmente, come ad Aquileia, dove appena fuori la basilica sono stati sepolti gli altri 8 militi ignoti “scartati” quando venne scelto il corpo di quello che verrà sepolto a Roma.
Mentre negli altri paesi bastava costruire un cimitero ex-novo fuori città, a Venezia, dove gli spazi erano letteralmente strappati a forza alle acque, questo
costituiva un grosso problema. L’ossario di sant’Ariano era ormai saturo…e tra parentesi abbiamo fatto anche noi una bella visita a Sant’Ariano quando parlammo dell’isola stregata piena di ossa, topi e di serpenti… perciò si decise di unire le due isole di San Michele e San Cristoforo, in piena laguna, attraverso l’interramento del canale che le separava, per farvi aver sede il camposanto.
Prima di ciò, per secoli il cimitero fu monastero camaldolese (vi visse il cosmografo-demonologo fra Mauro), carcere (tra i detenuti anche Pellico e Maroncelli) e collegio per nobili; oggi vorrebbero ricavare delle stanze per studenti danesi.
—- di fra Mauro e del suo cosmografo parleremo prossimamente! —-
Questo pippone storico serve solo a far capire che in realtà il cimitero di Venezia non è da considerarsi famoso per le infestazioni spiritiche o altro di simile, ma solo per la sua ubicazione che gli fa assumere il nome di “isola di pietra”; la sola nota spettrale può essere data dal fatto che quando in laguna cala la nebbia, evento tra l’altro non raro, è completamento immerso nella coltre e lo fa assomigliare a quei classici camposanti lugubri da film horror di bassa serie.
Vi riposa Amedeo Chimisso (atleta perito 50 anni fa in un incidente aereo di cui Damiano ha scritto un capitolo del libro che sto realizzando), Helenio Herrera, Ezra Pound, Igor Stravinsky, Serghej Diaghilev, Emilio Vedova e Cesco Baseggio, pochi se si pensa a cimiteri rivali come Staglieno e il Varano.Vi è anche una sezione evangelica e un settore greco-ortodosso, in quest’ultimo non si può non notare una monumentale sepoltura.
Sonia Kaliensky, la bella suicida per amore
Durante la notte di Carnevale tra il 6 e il 7 febbraio del 1907, mentre fuori la gente si lascia andare ai più bassi istinti animaleschi, in una camera dell’Hotel Danieli una giovane donna si sta struggendo nel pianto. Il suo nome è Sonia, Sonia Kaliensky, una nobile russa, da pochissimi giorni 22enne, venuta a Venezia per i festeggiamenti del Carnevale appunto, ma non ha voglia di far baldoria perché ha appena subito una cocente delusione amorosa. Forse oggi avrebbe annegato il dolore nell’alcol, probabilmente nella vodka, ma invece sceglie di farlo affogare con una dose letale di laudano.
La tomba è modellata nel bronzo e nel porfido rosso da Enrico Butti nello stesso anno e la raffigura nel momento del trapasso, languidamente distesa nel letto, in camicia da notte in tessuto leggerissimo ed appena sgualcito, coperta dal lenzuolo, in cui per lei si fa buio sempre.
La statua la ritrae a grandezza naturale, ed è sostenuta da un basamento di porfido sorretto da tre figure incappucciate; ai lati due bracieri di porfido dove compaiono anche dei cieli pieni di nuvole. Sotto il tutto scolpito solo un nome: Sonia.
Il dorso della mano destra della scultura è lucida, per le carezze lasciati da coloro che, ammaliati, decidono di toccarla o di lasciarle un fiore, regalandole un po’ d’amore, quello che le era stato negato in vita.
Una storia davvero romanticissima….giusto per San Valentino!
Tra parentesi mi sembra di aver visto, in un documentario francese, che esiste una associazione veneziana che all’interno di alcuni spazi a San Michele ci coltiva la vite, da cui poi ottiene un vinello rarissimo e molto particolare.
Secondo alcuni membri di quel’ associazione, il gusto particolare del vino dipende dalle ossa nel terreno.
Macabro, vero?