Siete già andati a vedere la mostra “real bodies”? Sì, proprio quella che espone veri cadaveri, trattati in modo particolare, che ha causato una quantità impressionanti di svenimenti, mancamenti, deliri, nausee e vomiti? Ecco, io non ci sono andata, e sebbene la vostra Ladyghost non abbia paura di niente (!!), dei cadaveri imbalsamati e messi lì in bella mostra, un po’ di paura ce l’ha anche lei.
Però, la mostra real bodies in realtà non è la prima nel suo genere. Si sono altri cadaveri che sono stati messi in mostra molto prima, realizzati addirittura secoli fa, e con tecniche che ancora oggi appaiono sconosciute. Avete mai sentito parlare delle macchine anatomiche?
A Napoli, c’è un luogo non adatto ai deboli di cuore. La cappella Sansevero, oltre a custodire alcuni tra i tesori dell’arte settecentesca partenopea, nasconde al suo interno un’insolita e inquietante opera, se così vogliamo (e possiamo) chiamarla, di oscura realizzazione.
Sono conosciute come “macchine anatomiche” e si tratta di due corpi, completamente scarnificati, in cui è possibile osservare dettagliatamente il sistema circolatorio del corpo umano. Attribuite alla mente eclettica del principe Raimondo Di Sangro, ancora oggi ci si interroga sulla loro genesi: il sistema circolatorio di vene, arterie, vasi sanguigni e organi è infatti così simile all’originale, e soprattutto così ben conservato, da rendere improbabile l’idea che possa essere stato realizzato su corpi privi di vita.
La leggenda delle macchine anatomiche
Una vera e propria leggenda nera avvolge le macchine anatomiche: si racconta che i due corpi presenti nella Cappella appartenessero a due servitori del principe, un uomo e una donna, uccisi con un liquido particolare, metallizzante, iniettato nelle loro vene.
Si ipotizza che il principe abbia tagliato la giugulare dell’uomo, iniettandogli questo particolare liquido di sua creazione, che sarebbe stato pompato in tutto il corpo dal pompare del cuore. Di Sangro avrebbe atteso la morte dell’uomo, sopraggiunta dopo una lunghissima agonia, e poi si sarebbe dedicato alla sua seconda vittima, la donna appunto, che, particolare ancora più macabro, era incinta e avrebbe tentato fino all’ultimo di proteggere la creatura che portava in grembo.
Il liquido iniettato nei corpi si sarebbe solidificato in un paio d’ore, mentre i corpi si decomposero in un mese circa. Quando caddero le carni, ecco che il diabolico piano di Di Sangro era finalmente svelato: due corpi, senza alcun brandello di carne, con il sistema osseo integro e con l’intero reticolo artero-venoso perfettamente conservato e visibile.
Questa, ovviamente, è solo la leggenda che sta dietro la genesi delle macchine anatomiche, ma…questa che appare come una storia dai contorni decisamente macabri nasconde forse un fondamento di verità?
Dagli studi che sono stati fatti sulle macchine anatomiche, infatti, appare evidente come dei risultati dle genere possano essere ottenuti solo su dei corpi ancora vivi, e per di più ci sono delle testimonianze storiche che non possono venir ignorate. La Breve nota di quel che si vede in casa di Raimondo di Sangro principe di Sansevero, guida settecentesca edita nel 1766, descrive davvero molto dettagliatamente le Macchine, con una dovizia di particolari davvero impressionante, quasi medica.
…due Macchine anatomiche, o, per meglio dire, due scheletri d’un maschio, e d’una femmina, né quali si osservano tutte le vene, e tutte le arterie dè Corpi umani, fatte per injezione, che, per essere tutt’intieri, e, per diligenza, con cui sono stati lavorati, si possono dire singolari in Europa. Oltre a tutte le visceri, e le parti interiori del corpo, colla apertura del cranio, si osservano tutt’ i vasi sanguigni della testa; e coll’aprirsi della bocca, si veggono altresì i vasi sanguigni della lingua. Mirabile poi è la delicatezza, colla quale è stato lavorato il corpicciuolo d’un Feto, che morì in un colla Madre, la quale sta in piedi e si fa girare d’ogni intorno, per osservarsene tutte le parti. Vicino a detto bambino vi è la sua placenta aperta, dalla quale esce l’intestino ombelicale, che va ad unirsi al feto nel suo proprio luogo. Anche il cranio di questo piccolo corpicciuolo si apre, e se ne osservano i vasi sanguigni.
Qualcuno ipotizza che la Breve nota in realtà sia stata scritta direttamente dal Di Sangro per pubblicizzare le sue creazioni…e a unirsi a questa prima descrizione arrivarono anche gli Scritti di storia letteraria e politica di Benedetto Croce, che però gettarono un’ombra ancora più macabra sulla vicenda, scrivendo:
Per lieve fallo, fece uccidere due suoi servi, un uomo e una donna, e imbalsamarne stranamente i corpi in modo che mostrassero nel loro interno tutti i visceri, le arterie e le vene, e li serbò in un armadio…
Chi era Raimondo Di Sangro?
Nonostante molti vedano nel settimo principe di Sansevero un alchimista e addirittura un satanista, Raimondo Di Sangro era un uomo dotato di finissimo ingegno e grande curiosità, acuto inventore e assai stravagante: inventò una carrozza anfibia, e un cannone a gittata, superiore alla potenzialità del tempo, che regalò al re Carlo di Borbone. Forse, dunque, Di Sangro era solo uno scienziato molto abile, forse troppo, per le conoscenze del tempo, che con le sue scoperte aveva gettato un’ombra di mistero sul suo operato. Tuttavia, la sua adesione alla Massoneria, e strani avvenimenti che avevano luogo tra le mura del suo palazzo, gettarono più di un’ombra sulla sua figura e sul suo operato. Le cronache del tempo, ad esempio, riportano descrizioni assai suggestive:
Fiamme vaganti, luci infernali – diceva il popolo – passavano dietro gli enormi finestroni che danno, dal pianterreno, nel vico Sansevero […] Scomparivano le fiamme, si rifaceva il buio, ed ecco, romori sordi e prolungati suonavano là dentro […] Che seguiva, dunque, ne’ sotterranei del palazzo? Era di là che il romore partiva: lì rinserrato co’ suoi aiutanti, il principe componeva meravigliose misture, cuoceva in muffole divampanti […] porcellane squisite e terraglie d’ogni sorta; lì mescolava colori macinati per la stampa tipografica e faceva gemere torchi fabbricati, secondo le sue stesse norme, per imprimere in una volta sola parecchi colori sul foglio […] Quell’uomo fu di grande ingegno e di grandissimo spirito: se non mi sbaglio, si valse dell’una cosa più per diletto proprio che per altro, e dell’altra usò per burlarsi di tutti. È anche, e specie per questo, ch’egli ha meritato di passare alla posterità”.
Salvatore Di Giacomo, Un signore originale, da Celebrità napoletane, Trani 1896.
Cosa c’è di vero, allora, nelle Macchine Anatomiche? Cosa rappresentano quei due scheletri, col loro fitto reticolo di vene e arterie? Come abbiamo detto, il corpo della donna portava al suo interno anche un feto, ancora legato alla placenta, che fino a poco tempo fa poteva essere ammirato ma che oggi è scomparso…e del resto, nel corso del tempo, molti frammenti delle Macchine sono stati portati via, soprattutto da studenti di medicina desiderosi di analizzarli, al fine di dare una risposta al quesito che circonda le Macchine: chi le ha create?
Il Di Sangro aveva un medico-anatomista con cui lavorava, il palermitano Giuseppe Salerno, che secondo la leggenda sarebbe giunto a Napoli con una riproduzione del corpo umano, così perfetta da aver attirato l’attenzione del Di Sangro, che volle a tutti i costi averne un paio tutti per sé. Dopotutto, nella Palermo di metà ‘700 si realizzavano già delle perfette riproduzioni del corpo umano a motivo di studio, ed evidentemente il Di Sangro venne a conoscenza di questi studi, ed ebbe modo di vederle quando Salerno giunse a Napoli.
Questo portò a una collaborazione tra il principe e il medico, ed è allora che le Macchine anatomiche fanno la loro comparsa.
Si legge infatti in una cronaca del tempo:
«Ci ebbe inoltre Giuseppe Salerno da Palermo, che nel 1756 espose agli occhi di tutti, prima in quest’Accademia, e poi in Napoli uno scheletro artefatto con tutte le vene e le arterie, e loro intralciamenti, e ramificazioni con tal maestria lavorato, che vero e naturale parea, e fu in Napoli acquistato dal principe di San Severo, il quale un’annua pensione diede al Salerno. E si veggono ancora non senza ammirazione i due scheletri l’uno maschile, di femmina l’altro, che il feto porta di quattro mesi, ed opera furono di Paolo Graffeo da Palermo, che fornì il primo nel 1753, e nel 1758 il secondo».
Quindi, si potrebbe ipotizzare che siano state create dal medico, ma in che modo? Sono riproduzioni o si tratta di veri cadaveri?
Ci si è a lungo interrogati sulla provenienza del famoso liquido metallizzante iniettato nell’apparato circolatorio delle Macchine: forse un liquido a base di mercurio? Ma in che modo sarebbe stato iniettato? Quale strumento sarebbe stato in grado, in base alle conoscenze mediche dell’epoca, di pompare il liquido in ogni vena e in ogni arteria del corpo umano?
La risposta a quest’enigma arrivò qualche anno fa, quando un gruppo di cardiologi dell’ospedale San Gennaro, ha rilevato un errore nella ricostruzione dell’apparato circolatorio, un difetto piccolo ma importantissimo: nessun uomo avrebbe potuto vivere se avesse avuto quella «malformazione».
C’è però un ulteriore elemento che contribuisce a rendere ancora più oscura l’intera vicenda: nella guida ufficiale della Cappella, si legge che le Macchine Anatomiche in origine erano collocate, per precisa volontà del principe Di Sangro, nella Sala della Fenice, da sempre considerata come simbolo di risurrezione e rinascita. Forse il Di Sangro, con la sua creazione, ha tentato in qualche modo di sconfiggere la morte? Non si sa, e non riusciremo a trovare alcuna risposta nemmeno osservando le orbite spalancate della Donna Anatomica, con con quel suo braccio sollevato, quasi a voler tentare un’ultima, drammatica difesa, di fronte a un destino che aveva già decretato la sua morte.