Il 24 maggio 1913 sarebbe sempre stato un giorno memorabile, per tutti gli amanti della boxe. Un giorno memorabile, nel bene e nel male. Ma per arrivare a quanto successe, dobbiamo necessariamente fare un bel salto all’indietro nel tempo, e fermarci a due anni prima di quella data, per andare a conoscere il protagonista di questa storia che ha davvero dell’incredibile.
Prima del 24 maggio 1913, infatti, l’ultima “grande speranza bianca” della boxe dei pesi massimi aveva indossato per la prima volta un paio di guantoni da boxe e iniziato una breve ma intensa carriera. Il nome di questa promessa era Luther McCarty, un giovane che si era fatto strada da solo, con tanta fatica, negli ambienti della boxe: nato il 20 marzo 1892 nella contea di Hitchcock, nel Nebraska, Luther (o Lute come era noto) debuttò a 18 anni contro Watt Adams il 7 gennaio 1911, vincendo due round per KO.
La reputazione di McCarty crebbe durante l’anno seguente e il nostro pugile nascente, ormai considerato alla stregua di una superstar, stava cominciando ad emergere e fu allora che il suo nome venne accostato per la prima volta a quello del formidabile Jack Johnson: l’unico che poteva batter Johnson, a detta di tutti, era solo McCarrty. E così di decise di organizzare una serie di incontri di boxe che avrebbero portato i due pugili a scontrarsi finalmente nell’arena.
Per arrivare allo scontro finale, però, McCarty doveva affrontare molti altri pugili: per quanto fosse estremamente talentuoso, infatti, a McCarty mancava un po’ di esperienza, e il solo modo per renderlo una vera macchina da guerra era farlo combattere il più possibile. L’anno 1912 fu infatti l’anno dei combattimenti, per Luther: furono organizzati moltissimi incontri e molti di questi furono vinti in modo decisivo per KO. Tale fu il dominio del liuto, come veniva simpaticamente chiamato Luther, che fu organizzato un incontro di campionato per il primo dell’anno 1913.
Luther si sarebbe scontrato con l’attuale campione mondiale dei pesi massimi del mondo, Al Palzer. Ancora una volta, l’impressionante McCarty vinse match e titolo, ma dopo aver sudato le proverbiali sette camicie: la vittoria arrivò infatti per KO dell’avversario quando ormai si era giunti al 18° round.
Molto, dopo quella fatica, sentenziarono che Luther era apparso stanco e leggermente fuori forma… ma quando Luther sconfisse, nei giorni seguenti, altri pugili, senza mostrare il benché minimo segno di stanchezza, l’opinione pubblica fu concorde nell’affermare che Luther McCarty era finalmente pronto per la sfida leggendaria contro Johnson.
Sfortunatamente, McCarty non è mai riuscito a mettersi alla prova contro gli altri grandi pesi massimi dell’epoca.
Morte improvvisa
Il 24 maggio 1913, a Calgary, in Alberta, McCarty aveva in programma un incontro con il canadese dei pesi massimi Arthur Pelkey, mentre aspettava di combattere contro un altro pugile o addirittura contro lo stesso Jack Johnson. Durante il primo round di questa battaglia, che aveva l’altisonante nome di World White Heavyweight Championship, McCarty venne colpito al petto dall’avversario, allo sterno, e collassò, crollando a terra.
Sia l’arbitro che l’avversario, Arthur Pelkey, si resero conto che qualcosa non andava. McCarty era crollato a terra esanime, dopo un colpo che era decisamente troppo debole per produrre un simile effetto. Nel silenzio più totale (tutto il pubblico era improvvisamente ammutolito dopo aver visto crollare il gigante), l’arbitro, Ed Smith, procedette ugualmente al conteggio regolamentare, al termine del quale Pelkey risultò vincitore per KO dell’avversario. Ma qualcosa davvero non andava: McCarty non si era ancora rialzato, e restava riverso a terra. L’arbitro chiamò immediatamente sul ring il soccorso medico, che tentò per otto minuti di rianimare il pugile, mentre l’intero palazzetto attendeva, trepidante e sgomento, che Arthur si rialzasse. Alla fine degli otto minuti, McCarty venne dichiarato morto.
Ma qualcosa di incredibile era accaduta, mentre l’arbitro contava. Qualcosa che era stata vista e testimoniata dai 6mila presenti nel palazzetto in quel momento.
La luce eterea si abbatte su McCarty
Ciò che aveva catturato l’attenzione di tutti, infatti, era stato quell‘inspiegabile etereo raggio di luce che era apparso mentre iniziava il conteggio, ed era sparito una volta raggiunti i regolamentari dieci secondi. Questa luce illuminava solo il corpo immobile del pugile caduto e scioccò molti dei presenti.
La foto che vedete qui a destra è stata scattata proprio in occasione di quell’incontro, ed è una delle poche testimonianze visive di quanto avvenne (nonostante molti abbiano giudicato l’immagine come un falso realizzato per scopi pubblicitari).
Tuttavia, nessuno è mai riuscito a spiegare come sia stata fatta. Molti spettatori che il 24 maggio 1913 affollavano la Tommy Burns Arena durante il breve incontro di boxe, durato appena due minuti, affermarono che quella luce era apparsa veramente, e che aveva illuminato il corpo dello sfortunato pugile proprio per i dieci secondi del conteggio, per poi sparire in fretta così com’era apparsa.
Non c’erano faretti nel probabile punto d’origine della luce, non c’erano fonti luminose artificiali o naturali, nulla di nulla.
Sul corpo di Arthur McCarty venne eseguita l’autopsia, il giorno seguente, e il coroner stabilì che la morte non era imputabile al pugno dato dall’avversario, quanto piuttosto da una caduta da cavallo di cui McCarty era stato vittima qualche giorno prima del combattimento.
Ma non è tutto: il giorno seguente la morte di McCarty, gli inservienti del palazzetto dello sport andarono a pulire il ring, e si accorsero che sul ring era rimasta ancora la sagoma di McCarty… e, cosa ben più inquietante, i contorni della figura del pugile apparivano come… bruciati.
Tante domande restano ancora senza una risposta, in questo sorprendente caso: cos’era questa luce e da dove proveniva? Come riuscì a illuminare un pugile caduto mentre veniva effettuato il conteggio su di lui?