Enzo Boschi, ordinario di Geofisica della terra solida all’Università di Bologna, per spiegare il fenomeno afferma che «Dobbiamo immaginare la falda acquifera come una spugna, che è stata strizzata velocemente dal sisma. Il fango è stato disperso, il terreno ha ceduto. La modifica della struttura del suolo, una volta che si asciuga, diventa irreversibile. Ed è molto pericoloso per la stabilità delle costruzioni. Certe case andranno accomodate, altre abbandonate. Questo lo decideranno gli ingegneri. Di sicuro c’è stata una sottovalutazione. L’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia aveva pubblicato nella Gazzetta Ufficiale nel 2003 una mappa di pericolosità sismica e queste zone erano state tutte classificate. Bisognava porsi il problema allora. Questi paesi della Val Padana sono stati costruiti sui depositi alluvionali del Po».
In parole povere, sabbia miscelata all’acqua delle falde alte ha ricoperto per giorni i paesi costruiti sul letto del vecchio fiume Reno. I residenti, sconvolti, raccontano che questa sorta di “magma” scuro e viscido risale dal sottosuolo trovando sfogo ovunque riesce, distruggendo asfalto e abitazioni dove invece non trova varchi aperti. Si tratta di un vero e proprio mare di melma fuoriuscito sotto la spinta delle onde sismiche, che ha lasciato dietro di sé, in profondità, tunnel e cavità che fanno inclinare i palazzi. Il fenomeno ha creato problemi alle fondazioni di alcuni edifici, come spiegano i tecnici accorsi in massa a studiare il “caso San Carlo”, unico in Italia a memoria d’uomo. Per questo è stato stilato un programma di indagini geologiche, geotecniche e geofisiche, che coinvolgerà i più importanti enti scientifici italiani.
La liquefazione è un fenomeno tipico di terreno sabbiosi o limosi ricchi di acqua, insomma costituiti da grani di materia consolidati che creano una struttura solida su cui poggiano le fondamenta degli edifici. Quando si verifica un terremoto la pressione sul sottosuolo aumenta e fa esplodere gli strati superficiali della crosta. Le sabbie solide diventano liquide, quasi come sabbie mobili, e spingono verso la superficie. Si crea nel sottosuolo un canale che porta il fango ad eruttare, quasi come fosse un vulcano, ma più fango arriva in superficie, più si amplia il vuoto nel sottosuolo. Un vuoto che una volta riconsolidato non può essere colmato. Il sottosuolo allora non è più in grado di reggere il peso delle costruzioni, e le case e gli edifici cominciano a sprofondare nella cavità sotterranea che si è creata. I terreni padani si presterebbero perfettamente a questo tipo di fenomeno, in quanto si manifesta preferibilmente in terreni sabbiosi, e sappiamo come l’intera pianura padana sia un terreno prettamente sabbioso.
Ancora meglio se i granelli sono di dimensioni simili fra loro (granulometria uniforme), di spessore consistente (almeno 3 metri) e saturi (pieni d’acqua). La liquefazione consiste nella perdita improvvisa di consistenza, con preoccupanti conseguenze anche a lungo termine, in quanto il terreno assume le caratteristiche di un liquido rendendosi incapace di sostenere il peso della crosta soprastante, con cedimento delle strutture anche ben costruite, specie in funzione poi di ulteriori scosse. Le case perdono l’àncora che viene fornita dalle fondamenta, le strade e in genere i manufatti mostrano evidenti segni di compromissione. Viene in mente cosa accade nei terreni gelati del permafrost quando il calore di alcune estati scioglie lo strato superficiale del terreno con gravissime conseguenze. In pratica i terremoti facilitano la liquefazione per effetto della compattazione che inducono nei terreni e aumentando la pressione dell’acqua presente negli spazi (interstizi).
Una pressione che non può essere dissipata lentamente a causa del meccanismo improvviso e violento del terremoto. Acqua che viene vista uscire in zampilli unitamente alla sabbia. Proprio l’emissione di sabbia viene associata a terremoti di una certa intensità anche nella classificazione proposta da Mercalli, ma in questo senso, essendo un fenomeno ancora poco studiato e dalle molte variabili, è per questo motivo che può essere semplicemente considerato inusuale ma non legato a rischi associabili ad ulteriori scosse o in funzione dell’intensità del sisma ma, invece, come è dimostrato, dal numero di sismi (ciclo sismico) che ha colpito la zona.
Un fenomeno naturale e quasi normale in terremoti di simile intensità e in luoghi di questo genere, ma allora una domanda mi sorge spontanea: se il terremoto è stato così forte che ha provocato questo fenomeno, e se la Pianura Padana per la sua conformazione fisica è un luogo che si presta a simili fenomeni, perchè mai finora la Pianura Padana è stata considerata un territorio a basso rischio sismico? Non era forse il caso di ripensare e rileggere (e modificare) quelle carte? Ma siamo in Italia, e come sempre accade, prima ci scappa il morto, e poi si provvede.
Ciao.
Ritengo che Il fenomeno trovi una spiegazione abbastanza plausibile, nella casistica che vede Emilia e Sicilia accomunate da alcune località, ove si trovano i cosidetti vulcanetti di fango. In Emilia si trovano a Sassuolo, quelli siciliani in provincia di Agrigento. Entrambi sono sempre particolarità naturali, ma non credo siano sempre di origine vulcanica . Piuttosto, i movimenti tellurici possono favorire il loro svilupparsi..